RAPTORS vs 76ERS – 18 ANNI DOPO QUEL 2001

[Musica] Mamma mia! La bellezza dell’B è anche quella di riuscire, più o meno volontariamente a riproporre sfide epiche ciclicamente, creando corsi e ricorsi storici che aiutano a rendere uniche e for the ages le gesta di chi ne prende parte. Toronto Raptors e Philadelphia 76ers si sono già affrontate in passato sul terreno delle semifinali di Conference ed è stata una serie memorabile, una serie raccontata in un precedente episodio della serie delle serie su questi stessi canali. Protagoniste dell’epoca due squadre molto simili, una superstar dominante in attacco e una schiera di role players a contorno, ognuno con un compito ben chiaro, ognuno con uno spartito ben definito. Le superstar di quella serie furono ovviamente Allena Iverson e Vince Carter e quello fu il vero spartiacque della carriera di entrambi. Per il primo The Ancer in senso positivo, per l’altro Air Canada nel senso opposto. Le squadre del 2019 sono profondamente diverse rispetto a quelle di 18 anni prima. Il basket è cambiato, i fisici sono cambiati, ciò che viene richiesto ad ogni singolo giocatore è cambiato. In 18 anni il gioco si è evoluto passando dalla sfida a rimbalzo tra il compianto di Kembbe Mutombo e Antonio Davis del 2001, all’analoga sfida tra numeri 5 del 2019, Joel Beid e Margasol, due numeri cinque solo sulla carta perché tralasciando l’altezza e il fisico da un lato abbiamo un giocatore offensivamente dominante come il numero 21 di Filli, capace di spappolarti in post, di ucciderti dal mid, di metter palla per terra e di punirti da tre punti. Dall’altro abbiamo il numero 33 dei Raptors, capace di passar palla in post, come pochi altri centri nella storia del gioco fino a quel momento e di gestire il gioco offensivo senza disdegnare soluzioni dalla lunga. Insomma, due squadre piene zeppe di talento in ogni singolo effettivo. Almeno cinque o sei giocatori per squadra in quella stagione erano in grado di mettere agilmente 20 punti a referto. Ma andiamo con Orbi. Philadelphia è al culmine del suo process. Quell’iter partito dal tanking sfrenato del triennio 2012-2015 è giunto finalmente alla sua massima espressione. Le scelte al draft di MB e Simmons hanno reso possibile una crescita esponenziale della franchigia e gli ingressi in corso d’opera di Tobia Serris e Jimmy Butler hanno completato un quintetto base che a potenziale difensivo e offensivo pare avere pochi eguali nella storia recente del gioco. Un centro dominante, un playmaker sovradimensionato dalle elitarie doti difensive, un agonista e leader come Jimmy Buckets, uno scorer affidabile come Tobay Serris e un tiratore mortifo come Redik. Non manca nulla, è l’anno buono e a Philadelphia franchigia e tifosi ci credono come non mai. La squadra ci arriva dopo una serie di primo turno dominata contro i Brooklyn Netz di D’Angelo Russell e forte di uno stato fisico apparentemente ottimo. Il Ben Simmons dell’epoca è lontanissimo parente di quello attuale, capace di metterne addirittura 31 in gara 3 di primo turno e ideale per provare a contenere l’uomo in missione in maglia Raptors. Sì, perché dall’altra parte c’è un one and done moderno, un giocatore che ha già messo in chiaro alla franchigia canadese che lui nel freddo nord ci starà solamente per questa stagione. È solamente di passaggio e ha le treccine. Si chiama Kawai Leonard ed è letteralmente un uomo in missione. Dopo essere stato ceduto dagli Spurs con Danny Green in cambio di De Rosan, si trova nell’ultimo anno di contratto e non ha mai fatto nulla per nascondere la sua voglia di tornare a Los Angeles a vivere e giocare. È lì solamente perché ce l’hanno mandato in una sorta di pellegrinaggio ad espiare le sue colpe. Ma in Canada non hanno mai avuto un giocatore del genere, letteralmente fanno di tutto per creargli attorno una squadra competitiva. A Kai Lauri, bandiera di Franchigia, si aggiungono due G Leaggers come sia e Vanlit, il suddetto Danny Green, e poi due uomini indispensabili dalla panchina come Sergi Baka e Norman Powell. Il centro titolare è Margasol, arrivato a metà stagione dai Memphis Grizzly e subito centrale nel gioco voluto da Nick Nurse. Sono due squadre pronte per arrivare fino in fondo e la serie appare fin da subito come estremamente equilibrata. Abbiamo già accennato al process, ma andiamo più a fondo. Dopo gli anni di Allen Iverson la breve apparizione play-off nei primi anni del secondo decennio del nuovo millennio, a Philadelphia è sempre stata nebbia fitta sino all’arrivo di Sam Inki, l’uomo ideatore di ciò che prende il nome di The Process. In sostanza un processo di rebuilding della franchigia con l’unico obiettivo di perdere il più possibile per avere scelte alte e ripartire. Nelle stagioni che vanno dal 2013 al 2016 le vittorie stagionali sono state 19, 18 e 10. Il 6 aprile del 2016, con una lettera di 13 pagine si dimette e si trasferisce in Silicon Valley a fare il manager ad un’azienda in forte via di sviluppo. Dimissioni forzate quelle di Seminki, dal momento che tifosi e media di Philadelphia non ne potevano più di straperdere ogni singola stagione. Al suo posto Brian Colangelo, figlio di Jerry Colangelo, storico dirigente dei Phoenix Hans, e faccia notissima in Arizona e in tutti gli states. Il figlio non fu esattamente come il padre, è l’inizio della fine. Il giorno stesso della sua assunzione nasce su Twitter un account a nome Eric Junior che comincia a scrivere e commentare tweet altrui scrivendo retroscena su giocatori, mogli di giocatori GM di altre squadre. Insomma, un casino. Nel frattempo sceglie Simmons nel 2016, Fulz nel 2017, lasciando ai rivali Celtics prima Jayen Brown e poi Jason Tatum. Nel maggio 2018 un reporter tale Ben Dedrick contatta i Philadelphia 76ers comunicando un legame apparente tra Brian Colangelo e l’account Twitter Eric Jor di qui sopra. Oltre ad altri numerevoli Burner account Twitter come Fila 1 2 3 4 5 6 7 Steel Bowling e altri due tre profili atti a screditare persone all’interno del mondo NBA. Si scopre a giugno dello stesso anno che dietro a questi account che su Twitter sputtanavano i colleghi, atleti e allenatori, c’era proprio Brian Colangelo. Una vicenda talmente surreale da costringere la NBA ad allontanare Colangelo, lasciando il process cominciato da Inchi in uno stato semivegetativo fino a questo 2019, quando finalmente il momento appare propizi. In Canada invece, dopo anni di duopolio Lauri de Rosan e con LeBron James finalmente trasferito nella costa ovest degli Stati Uniti, si vuole provare il più classico degli allin. La trade de Rosan ha destato notevoli malumori interni allo spogliatoio, soprattutto da parte del capitano e leader Kyle Lauri, grandissimo amico di Demar. L’arrivo di Kawai, dopo un paio d’anni di assenza causa infortuni reali o presunti, non viene vista come una buona mossa, anche perché è in scadenza di contratto e ha già espresso più volte la volontà di andare a giocare a Los Angeles, sua città natale. Masaiu Giri, GM dei Raptors, vede però un’opportunità in tutto questo, quella di riuscire a sfruttare questa breve finestra proprio nell’anno in cui l’Est è finalmente libero dall’ombra del re di Acron. Kawai ha già vinto, è un difensore elite e uno scorrer di assoluto livello. Ci sono dei dubbi sul suo stato fisico e sulla sua leadership, ma fino, con un accurato load management riesce a gestirlo nel migliore dei modi, avendolo in uno stato fisico sufficientemente buono per i play-off. A febbraio con la squadra in vetta, la Easter Conference c’è piena consapevolezza che la stagione può essere ottima e il roster viene puntellato dall’arrivo di Margasol dai Grizzly in cambio di Valanchunas, Dewright e CJ Miles e con la promozione in rotazione di un giovanissimo OG Anunobi. In Canada i tifosi iniziano a crederci e il Jurassic Park, una zona costruita fuori dal palazzetto, si fa sempre più popolata e rumorosa con tanto di concerti e il super tifoso Drake pronto a dar spettacolo. Il clima è letteralmente incandescente e dopo un primo turno in carrozza siamo finalmente giunti allo scontro diretto. The north, the north, we the north. Nonostante il freddo nord, i tifosi dei Raptors sono caldi come stufe prima dell’inizio di una gara 1 che li vede come favoriti. Nonostante tutto. Regna però un grande scetticismo sulla squadra di Nick Nurse. Gli ultimi anni ci hanno raccontato di una squadra incapace di reggere la pressione in postason, ma in questa stagione è diverso. Gli interpreti sono diversi, in particolar modo uno. In una scoscia ben carina, gremita e con il Jurassic Park in fibrillazione, Kawaii Leonard estrae dal cilindro la sua miglior prestazione in postseason della carriera. Philadelphia è una squadra pienissima di talento e chiunque nel suo quintetto base può mettere facilmente punti. Tutti chiuderanno in doppia cifra, ma non riusciranno in alcun modo ad arginare la coppia Leonard Siacam. Per il Camerunense prodotto della G League, promosso in quintetto a inizio stagione, 29 punti a referto con uno strepitoso 12 su 15 dal campo, ma Leonard letteralmente esagera. 45 punti e 11 rimbalzi frutto di 16 canestri su 23 tentativi e una difesa perfetta su Jimmy Butler, tenuto a 10 punti con 4 su 12 dal campo. Margasol e Serg Baka tengono a bada un bid da 5 su 18. In Canada si festeggia 1-0 Toronto. La serie è ancora lunghissima e da entrambe le parti si predica prudenza. Bratt Brown, coach di Filly, minimizza le cattive percentuali di gara 1 e si pronuncia in gara 2 sarà diverso. E come se lo sarà, Mbid non sta bene, è strano, direte. Sì, effettivamente come darvi torto, ma a differenza dei Sixers odierni, nel 2019 c’era Jimmy Buckets. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”, dice un vecchio detto italiano. Ed è qui che escono i veri leader. Jimmy prende per mano la squadra sin dalla palla due, giocando 43 minuti e tirando addirittura un inusuale per lui, quattro su 10 da tre punti. 30 + 10 + 5 per lui che però fa la differenza nella metà campo difensiva e non è strano veder a 43 e ben Simmons addirittura a 44 minuti e mezzo in campo. Lo sarebbe nel 2024, nel 2025, probabilmente per entrambi, ma nel 2019 si trattava di due fottutissimi difensori elite NBA. Partendo dal presupposto che Kawai sia in uno stato psicofisico impossibile, anche solo da descrivere, l’importante è a questo punto riuscire a limitare tutti gli altri. E per un Leonard da 13 su 24 e 35 punti ci sono un Siacam da 9 su 25, un Gasol da 1 su 6, un Green da 1 su 8 e una panchina da 2 su 11 complessivo. E nonostante Joel continui a litigare coi ferri, Philadelphia impatta la serie sull’1-1 vincendo per 94-89. Una gara 2 che però ha dato l’impressione d’esser stata un piccolo fuoco di paglia. I Raptors sono entrati in campo decisamente molli, risucchiando punti su punti, ma perdendo per l’impossibilità di mettere i canestri chiave nei momenti decisivi dell’incontro. L’imperativo per la squadra di Brad Brown è ora quello di far valere il fattore campo e tornare in Canada con il match point. Ed in effetti l’impressione che dà gara 3 è quella di una serie che ha cambiato padrone, anche perché si sveglia finalmente Joel Bid che ne piazza 33 con 10 rimbalzi e cinque stoppate in 28 minuti complessivi. Ancora una volta tutto il quintetto in doppia cifra e sì, compreso un Ben Simmons da 10 set rimbalzi e sette assist. Philadelphia scava un piccolo solco fin da subito, solco che si amplia nel secondo quarto e che diventa incolmabile nel quarto periodo. Kawai è indifendibile, il problema è che appare però l’unico in maglia Raptors ad esserlo. Sponda fila la squadra è in grado di sopperire alla serata storta di chiunque, ma a Toronto no. E le parole di Lauri suonano altissime dopo la sconfitta. We all got helpim. Noi tutti dobbiamo aiutarlo. I compagni di Leonard sanno benissimo che il loro leader tecnico sta giocando a un livello celestiale. 33 punti e 13 su 22 dal campo. Ancora una volta immarcabile e ingiocabile, ma se il resto della squadra non gli sta dietro è difficile battere questi 76ers. Le parole di Lauri vogliono svegliare i compagni di squadra. Ma basterà per portarsi a casa gara 4 e tornare tra le mura amiche sul due pari? Evidentemente qualcosa si è smosso. Il capitano e bandiera Raptors ha parlato, la squadra ha risposto: “Gara 4 è una guerra. I 76ers sono ben consci che si tratti probabilmente della partita più importante per la franchigia da tanti anni a questa parte. Regna l’equilibrio dal primo all’ultimo minuto e per l’ennesima volta quando la posta in palio si alza, è Jimmy Butler a fare la voce grossa con i suoi 29 e 11 in 40 minuti. Tobai Serris, Simmons e Denid sono letteralmente disastrosi. Redic prova a supportare Jimmy, ma non è sufficiente. Purtroppo per Fillly questa volta sono scesi in campo tutti i Raptors. Hawaii è la solita certezza da 39 14 e5, ma questa volta sono altri quattro i compagni di squadra in doppia cifra, Lauri, Green, Gasol e Ibaka. Toronto firma il pareggio dominando i tabelloni e limitando magistralmente tre quinti del quintetto base della squadra di Brad Brown. Il Jurassic Park esplode e Butler sbotta dopo la sconfitta contro Simmons e Bid. attaccare. Non vinceremo mai senza di voi. Dovete essere pronti ad attaccare il ferro in ogni momento, specialmente in transizione. Quando porti palla in transizione, attacca, non passarla. Solo così possiamo vincere. Se ripensiamo al Ben Simmons attuale, incapace anche solo di guardare il canestro, beh, le parole di Butler dopo gara 4 suonano come un presagio futuro, mica da ridere, eh. E la serie cambia nuovamente padrone. Si torna alla scoscia ben carina e non c’è storia. Dopo un primo quarto equilibrato, i Raptors scappano con un parziale di 37- 17 nel secondo quarto e non si voltano più. 12589 è blowout, un blowout dolorosissimo anche perché le parole di Butler continuano a riecheggiare nelle pagine dei media. Simmons non tira e perde cinque palloni. Mbid non è aggressivo e perde ben otto palloni. Sembrano impauriti, titubanti, bloccati mentalmente dalle fattuali parole del loro leader massimo, incapaci di trovare una soluzione all’ottima difesa di squadra dei ragazzi di Nick Nurse che giocano come fossero in missione. La partita non esiste e la serie è ad un passo dal concludersi a favore dei canadesi, se non fosse che, se non fosse che in gara 6 l’orgoglio finalmente esce fuori. Simmons 21, 171, Butler 25, Harris e Redik in doppia cifra, panchina solida, tutto gira. 52- 34 a rimbalzo a favore della squadra di Brad Brown. Philadelphia entra decisa a portare la serie a gara 7 e alla fine del primo tempo haa partita praticamente in tasca. Nemmeno perdo tempo a dirvi dei 29 e5 di Leonard, non ce ne sarebbe bisogno. Gara 7 doveva essere e gara 7 sarà. È il 12 maggio del 2019. I Miluoki Bucks di Yannis, reduci da due pseudo passeggiate, sono in attesa di sapere chi li affronterà alle finali di conference. Il New York Times titola: “Il futuro di Kawai Leonard è incerto, ma adesso è certamente il presente dei Raptors.” La squadra di Nick Nurse e Masayu Giri ha un’unica possibilità per poter ambire al titolo. Lo sanno loro, lo sanno i tifosi, lo sa la squadra. È impossibile che Kawai rimanga lì anche nella prossima stagione. È win now or die. Dinanzi agli occhi del mondo, Kawai sta dimostrando con i fatti di essere con tutta probabilità il miglior giocatore di pallacanestro del globo. Attacco e difesa è strabiliante e nonostante un piccolo fastidio al ginocchio di voler portare quella gente in posti mai raggiunti prima, come percependo un amore attorno a sé che non ha mai percepito prima. Lo sa benissimo anche lui che le possibilità di rimanere lì sono rasenti, lo zero, ma vede benissimo quanto la gente di Toronto stia riponendo in lui tutte le speranze di poter vivere un sogno che fin troppe volte si era infranto sulle spalle larghe di King James negli anni precedenti. A Philadelphia sanno altrettanto bene che al termine della stagione sarà impossibile riuscire a confermare in toto questa squadra. Butler ed Harris sono in scadenza ed entrambi hanno dimostrato di poter valer fiducia e contratti di un certo tipo. Peccato ci sia posto per uno solo dei due, dal momento che Simon Sed and Bid non sono minimamente toccabili in quel momento. Di fatto è un win now or die trying anche per loro ed il die trying, ovvero il morire provandoci, per Philadelphia è più attuale che mai. Le squadre sono in campo, il palazzetto è pieno, il Jurassic Park è strapieno, il mondo è connesso. Si parte. È gara 7 e il primo quarto di gioco è chiaramente un quarto da gara 7. 5 su 19 Filli, 5 su 24 Toronto. Le difese sono perfette, il clima è rovente e segnare è unimpresa. 18 a 13 Raptors. Nel secondo quarto con l’ingresso della secondazione si sblocca un pelo. Lauri, dopo i problemi di falli del primo quarto rientra e segna sei punti in 9 minuti con un Sergione Ibacca strepitoso dalla panchina. I punteggi sono bassissimi ed il primo tempo termina 44-40 per Toronto. Ad inizio del secondo tempo l’impressione che entrambi i coach siano decisi a far giocare i loro migliori giocatori il più possibile. Le rotazioni sono ridotte all’osso ed è qui che Iba torna utilissimo nuovamente. L’ex lungo dei Thunder targati Durent, Westbrook e Arden, ha un impatto offensivo clamoroso e nonostante un Redic on fire e un MBID solido in attacco in difesa, la squadra di Ners resiste all’urto e si entra nell’ultimo periodo avanti 67-4. Ci si gioca tutto, il passaggio del turno, la stagione, il futuro e nuovamente quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare. Jimmy Butler si sveglia dopo una partita piuttosto anonima e prende la squadra in mano nuovamente. Dall’altra parte è il turno di Kawai che dopo tre quarti a pessime percentuali entra nel quarto periodo con le idee chiarissime. Potrebbe essere per entrambi l’ultima partita con quella maglia ed entrambi hanno la determinata voglia di lasciare un segno nella storia della rispettiva franchige. Dopo un’intera partita in vantaggio, Toronto viene sorpassata da una tripla di NBID a 7:37 dal termine, ribadita poi da un gancio di Simmons a 6:49. Da qui in poi è sostanzialmente Jimmy contro Kawai. The Clow segna 15 sui 17 complessivi dei suoi da qui al finale della partita. Ma sul punteggio di 88-89 a favore, a 10 secondi dal termine, va in lunetta per due liberi fondamentali. Come nel 2013, in finale contro Miami, Leonard sbaglia il secondo concedendo il rimbalzo ad Erris, la transizione a Butler e il canestro del 90 pari a 4 secondi dalla fine. E qui il tempo si ferma. I pensieri tornano a quella gara 7 del 2001. Vince Carter ha in mano la palla della storia e sulla rimessa sappiamo tutti come si è andata a finire. Ferro, Philly, passa il turno, Iverson passeggia sopra lui e titolo Lakers alla fine. La cosa bella e affascinante dell NBA è quella di riuscire a concedere molto spesso delle seconde opportunità. La sua natura ciclica è quanto di più sportivo ci possa essere. A distanza di 18 anni, Toronto ha una rimessa a favore a 4 secondi dal termine per passare il turno e avere una seria chance per il titolo. I Raptors di Carter probabilmente il titolo non l’avrebbero comunque vinto, ma quel tiro è stato lo spartiacque decisivo per Carter e Iverson, tanto quanto lo sarà per queste due squadre. E come per la rimessa del 2001, lo sanno già tutti nelle mani di chi andrà a finire quel pallone. Margasol effettua la rimessa. Simmons marca Kawai ed esce bene dal blocco di Sakam. Ben difende alla grande, Joel arriva in aiuto. Kawai continua la sua corsa per raggiungere l’angolo davanti alla propria panchina. È come se avesse un cronometro nel cervello. Rilascia il tiro. Fuori equilibrio con la mano di Embid davanti e 0.5 5 secondi dalla sirena finale. La palla si impenna, la parabola è altissima, sembra corto, ma il primo ferro sembra come accogliere quel tiro facendo impennare il pallone di quasi 1 metro sopra la retina. La palla sembra attratta da quella retina, rimbalza nuovamente sul primo ferro, accarezza il secondo ferro un paio di volte, si ferma per un secondo a riflettere e poi sì, decide che questa volta l’epilogo debba essere diverso dal 2001. La palla entra. Toronto vince la partita 92-90. La scoscia ben carina esplode, il Jurassic Park esplode, il Canada esplode. Ma quanto è vero il Dio, chiunque stesse seguendo quella partita è per forza di cose impazzito. La favola Raptors prosegue. Il process 76ers si ferma ad 1 millimetro dall’obiettivo. Toronto passa al turno. Per la cronaca e come tutti voi ben saprete, Toronto continuerà la sua cavalcata verso un incredibile titolo NBA, battendo prima i Bucks per 4-2 e poi gli infortunatissimi Warriors alle Finals con lo stesso risultato. Ma quel tiro eh, quel tiro inutile dirlo, diviene istantaneamente uno dei momenti più iconici della storia della National Basketball Association. E ancor di più lo diverrà l’iconica foto di Kawai accovacciato che segue la parabola del suo pallone con compagni ed avversari rivolti verso il ferro in attesa di un esito che via si fa sempre più chiaro e nitido. Per i Raptors sarà gloria, ma come da previsioni Kawai lascerà al Canada alla volta dei Los Angeles Clippers, non prima di aver partecipato ad una delle parate più belle di sempre. Da Norman Powell’ ubriaco, l’ercio a Kawai a simulare la sua famosa risata. con gli occhiali a specchio a mostrare una platea sconfinata di appassionati, passando per Sergio Scariolo, il secondo italiano campione NBA dopo l’anello del Beli nel 2014. Ma se da un lato si festeggia pur sapendo che tutto ciò rimarrà probabilmente irripetibile, dall’altro è tempo di scelte. Dare il massimo a Simmons e poi confermare Tobai Serris o Jimmy Butler. La scelta alla fine fu quella di dare il massimo a Simmons, rinnovare Harris al massimo e investire Butler per arrivare a Josh Richardson, integrando poi a Lorford come free agent. Al tempo la scelta fu di fatto tra un ventreenne come Simmons e un trentenne come Butler e per quanto col senno di poi sia apparsa una macroscopica boiata, al tempo non apparve tale. Purtroppo Orford non incise, Richardson meno che meno. Simmons ebbe un’involuzione pazzesca e Tobias, pur facendo sempre il suo, non era sicuramente un giocatore da maxare. Qualcuno pensa che il process sia definitivamente morto in quell’estate e detto internos, non ci andiamo troppo distanti. ripensandoci proprio per niente. [Applauso] [Musica] [Applauso] [Musica]

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✏️ DESCRIZIONE ✏️
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La bellezza della NBA è anche quella di riuscire, più o meno volontariamente, a riproporre sfide epiche ciclicamente, creando corsi e ricorsi storici che aiutano a rendere uniche e “for the ages” le gesta di chi ne prende parte..
Toronto Raptors e Philadelphia 76ers si sono già affrontate in passato sul terreno delle semifinali di conference, ed è stata una serie memorabile.
Una serie raccontata in un precedente episodio de “La serie delle serie” su questi stessi canali.
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Le superstar di quella serie furono ovviamente Allen Iverson e Vince Carter, e quello fu il vero spartiacque della carriera di entrambi.
Per il primo, The Answer, in senso positivo.
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